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La Gioielleria Caruso esplorando la Cina – Beijing & Xi’an

Vincenzo Caruso, 30enne napoletano orafo di professione e viaggiatore per passione, alla quarta generazione dell’attività di famiglia, decide di proseguire degli studi in Cina sull’identificazione dei diamanti sintetici , lavorazione della Giada, coltivazione delle perle e scoprire il posizionamento dei Brand Intenazionali Longines e Rado sul territorio cinese. – ( La Gioielleria Caruso esplorando la Cina )

Yu, la pietra dei Re

Il termine “giada” è indissolubilmente legato alla civiltà cinese. Da una quarantina di secoli i cinesi hanno conferito a questa splendida pietra un valore inestimabile, e le hanno tributato un vero e proprio culto. Paradossalmente questo minerale non esiste nella Cina antica propriamente detta, ed è sempre stato importato, nella sua quasi totalità, dalla parte sud occidentale del Turkestan, l’attuale Xinjiang.

LAVORAZIONE DELLA GIADA

Precisiamo innanzi tutto ciò che intendiamo per giada. Quella che attualmente viene lavorata dai lapidari d’estremo oriente (braccialetti, gioielli, statuine…) di fatto è serpentina, quella che i cinesi chiamano “yu matto” o falsa giada. Questo moderno surrogato ha un coefficiente di durezza due volte inferiore rispetto a quello della giadeite, e si scalfisce con una lama; inoltre vale dieci volte meno! Del resto, la giadeite stessa, anch’essa definita con il termine di giada, non ha l’aura e il prestigio della nefrìte che è la sola ad avere il diritto di essere definita “zhen yu”, vera giada.

Di struttura fibrosa (a base di silicato di calcio e di magnesio) la nefrite è straordinariamente dura e sonora; l’acciaio non la riga. Allo stato puro – molto pregiato -, è di un bianco latteo, lievemente traslucido, ma impurità e molecole di ferro, di manganese o di cromo, le conferiscono una vastissima gamma di tinte, che varia dal giallo (molto pregiato) al nero, passando per il beige, il malva, il rosa, il rosso rubino e tutti i verdi, dal più pallido al verde scuro e al verde smeraldo che è anch’esso estremamente pregiato.

La lavorazione della giada è una vera sfida e una delle più difficili che esistano, tanto questo materiale risulta duro e ribelle all’utensile (coefficiente di durezza: 6,5). Si immagina che inizialmente i lapidari abbiano proceduto in modo rudimentale, tramite sfregamento e attrito consumando pazientemente la superficie con una pasta abrasiva, una fanghiglia a base di sabbia quarzosa o di polvere di granato (coefficiente 7,5) e servendosi di sostanze grasse come solventi. Per frantumare questa pasta utilizzavano pezzetti di cuoio e, per praticare dei fori, archetti di bambù. Nel corso degli ultimi secoli a.C., vennero utilizzati bulini di bronzo, poi punte di ferro (a partire dagli anni 500-400 a.C.), utensili rotativi, dischi da taglio, trivelle, sgorbie… mossi da un tornio azionato con i piedi. Oggi l’acciaio temperato, il diamante, i corindoni granulari (coefficiente 9) e il carborundum (come lo smeriglio) facilitano il compito, che tuttavia non per questo è meno difficile. Ancora oggi alcuni esemplari decorativi richiedono interi mesi di lavoro.

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Un artigiano in opera per la realizzazione di un oggetto!

GEOLOGY AND MINERAL RESOURCES, CHINA JEWELS, JADE

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Considerata una gemma regale, la Giada è profondamente legata alla cultura cinese, dove è conosciuta dal 6.000 a. C. e da allora usata per diverse arti decorative.

Le più antiche testimonianze dell’esistenza delle perle provengono proprio dalla tradizione cinese. Furono le popolazioni cinesi ben quattromila anni fa a scoprire per prime queste gemme delicate e brillanti mentre scandagliavano i fondali marini in cerca di cibo. Da allora sono innumerevoli le opere d’arte orafa create da questo popolo talentuoso che ha fatto della perla un elemento importante della propria tradizione culturale.

Nell’antica civiltà cinese, le perle erano largamente stimate. Risulta evidente dalle numerose testimonianze lasciate sia nella storia che nella tradizione religiosa, in cui le perle vengono spesso menzionate sia nella venerazione degli dei sia come tributo all’imperatore da parte di principi stranieri. Dallo Shu Jing, antichissimo testo risalente al 2350 a.c., si può evincere come nel 23mo secolo a.c. l’imperatore Yu  ricevette in tributo “fili di perle non perfettamente rotonde”dal fiume Hwai. L’antico dizionario cinese, il Nh’ya, risalente al 30 secoli fa, ne parla come di preziosi gioielli ritrovati nella provincia di Shen-si, nella frontiera ovest.
La Cina vanta la più antica produzione di perle del mondo e fu il primo paese a sviluppare gli allevamenti di perle fin dal 1082 a.c.

Ci sono molte teorie fantastiche che popolano la tradizione letteraria cinese. Alcuni scrittori ritenevano che le perle fossero nate dal cervello di un drago fantastico. Altri scrissero che furono particolarmente abbondanti durante il regno di illustri imperatori e che venissero usate come amuleti contro gli incendi ed altre catastrofi.

Allusioni curiose si riferiscono a perle così brillanti da essere visibili fino a migliaia di chilometri, o grazie alle quali era possibile cucinare il riso.

Le perle cinesi sono di ottima qualità, e, specialmente nelle regioni meridionali, le condizioni per la formazione di perle sono ideali. Gli spazi sconfinati di questo paese presentano molteplici tipologie di acque che danno vita a moltissime varietà di ostriche. Ancora oggi la Cina produce il 96% delle perle vendute in tutto il mondo.

Le perle d’acqua dolce vengono raccolte da più di tremila anni e non solo per essere destinati all’arte orafa. La medicina tradizionale cinese utilizza l’ingestione di polvere di perla come trattamento contro patologie quali epilessia, convulsioni, ipertensione, insonnia e palpitazioni. I medici tradizionali cinesi suggerivano inoltre la polvere di perla per migliorare la vista e rilassare i nervi. E all’epoca dell’antica dinastia Ming il famoso dottore Li Shizhen inserì la polvere di perla nel suo famoso compendio di medicina come rimedio per la salute e la bellezza della pelle.

La Perla è una gemma organica e un classico della gioielleria: pietra di nascita del mese di giugno, questa meraviglia naturale ha un fascino intramontabile.

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Scopri le Origini delle Perle: Mikiko Rivenditore Ufficiale

“GEMME QUALITÀ DEI DIAMANTI SINTETICI ACCRESCIUTI CON IL METODO CVD” (Gems & Gemology: Winter 2003)

Estratto dell’articolo:

I diamanti sintetici CVD hanno un colore che investe la gamma che va dal brown al grigio fino ad arrivare quasi vicino all’incolore, e comprendono cristalli singoli del tipo IIa[1]; queste sono le caratteristiche dei diamanti sintetici accresciuti usando una deposizione chimica del vapore (CVD) tecnica appartenente alla “Apollo Diamond” Inc. Essi hanno proprietà gemmologiche che li distingue sia dai diamanti naturali che dai diamanti sintetici accresciuti con il metodo HPHT.

I cristalli hanno forma tabulare e arrivano fino ad un carato di peso e sono spessi alcuni millimetri, la loro formazione consiste in un accrescimento sopra un cristallo naturale o sopra un diamante sintetico HPHT o CVD. Il diamante sintetico CVD solitamente non può essere separato dal diamante naturale con le tecniche gemmologiche standard; sebbene la presenza di porzioni di sottostrato sintetico possono essere rivelatrici e indicative agli occhi di un gemmologo esperto, questo sottostrato, infatti evidenzia una colorazione diversa rispetto al materiale accresciuto. Spesso, i diamanti sintetici CVD possono essere identificati da un laboratorio gemmologio per la combinazione di alcune caratteristiche:

– una forte fluorescenza rossa-arancio vista con il DiamondView della De Beer (sistema che immagina profondo-ultravioletto)

– una caratteristica birifrangenza anomala

– caratteristiche distintive nel loro spettro di assorbimento nell’infrarossi (e.g. ,at 3123cm-1) e nello spettro della fotoluminescenza (forte emissione a 575 e 637nm, un doppietto a 596 e una linea a 737).

Background. I diamanti sintetici HPHT sono prodotti con la tecnica delle alte pressioni ed alte temperature dal 1955, e soltanto nel 1970 ottennero e annunciarono i risultati di cristalli che avrebbero avuto caratteristiche di grandezza e qualità gemmologica apprezzabile.(Crowningshield, 1971; Burns and Davies, 1992).

I diamanti sintetici HPHT hanno caratteristiche fisiche distintive, ad esempio mostrano una forma del cristallo grezzo cubo-ottaedrica e una sistemazione di settori di crescita interni che è il risultato di un accrescimento a alte pressioni e alte temperature dovute dalla fusione del metallo o lega del metallo. Catalizzatore/ flusso.

I cristalli prodotti tramite questa sintesi mediamente pesano dall’1 ai 3 ct; quando questi vengono sfaccettati per l’uso in gioielleria, superano occasionalmente 1ct.

la maggioranza dei cristalli sono gialli, sebbene, anche se in numero limitato sono stati prodotti diamanti blu e diamanti sintetici incolori (altri colori tipo il rosa o il rosso, sono il risultato ottenuto in un secondo momento per mezzo di un trattamento del materiale accresciuto originariamente di color giallo.

[1] Tipo IIa, senza impurità ed elettricamente non conduttivi, prodotti per sintesi.

 

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Diamanti sintetici CVD

Il posizionamento dei Brand Internazionali sul territorio cinese

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